La prima promozione del Cagliari in Serie A è datata 14 giugno 1964, penultima giornata di campionato. I rossoblù pareggiano 1-1 a Udine e approfittano della contemporanea sconfitta della diretta concorrente Padova. Il gol del Cagliari, dopo il vantaggio iniziale di Selmosson, è di Gigi Riva. Basta e avanza per decretare la matematica promozione, con un turno d’anticipo. La settimana successiva, per la gara di chiusura casalinga all’Amsicora contro la Pro Patria, viene organizzata una grande festa. Corsi e ricorsi del calcio: proprio lo stesso avversario che dieci anni prima aveva sbarrato la strada verso la massima serie, battendo i rossoblù nello spareggio di Roma. Una delusione tremenda, epilogo di un finale di stagione che lasciò molti dubbi, in primis all’allenatore Cenzo Soro. In quel caldissimo pomeriggio del '64 invece i lombardi fanno solo da sparring partner. Finisce 3-1 per il Cagliari (Cappellaro, Greatti e Rizzo), trionfale giro di campo e applausi per tutti. La promozione è solo la prima del progetto avviato da Andrea Arrica. Si vede già un embrione della squadra che conquisterà lo scudetto. Riva e Ricciotti Greatti sono arrivati giusto quell’estate; Mario Martiradonna l’anno prima, nel 1962. Ci sono anche Mario Tiddia, Tonino Congiu, Francesco Rizzo, Renzo Cappellaro, Martino Colombo. I migliori realizzatori sono Greatti e Cappellaro, con 11 gol; Riva si ferma a 8. Il Cagliari è secondo, due punti in meno del Varese.

La seconda risalita dalla serie cadetta avviene nel 1978-79. Una sorpresa. Pochi avrebbero pronosticato il Cagliari come candidata alla promozione. Era una squadra costruita un po’ in risparmio, per rifarsi dei grandi investimenti flop (Magherini e Villa) compiuti l’estate precedente. I dirigenti, con in testa Mariano Delogu e Gigi Riva puntano sul gruppo: solo due gli acquisti importanti, lo stopper Roberto Canestrari e il centravanti Emanuele Gattelli. In porta viene data fiducia a Roberto Corti. L’allenatore Mario Tiddia, indisponibile a lungo il libero titolare Renato Roffi, ha una geniale intuizione, arretrando nel cuore della difesa l’ultimo leone dello scudetto, Mario Brugnera. In pratica, la ripetizione della mossa del 1970, con Cera sostituto di Tomasini. A 36 anni suonati, Brugnera fa faville. Interpreta il ruolo alla Beckenbauer, avanzando spesso come uomo aggiunto a centrocampo e facendo valere la sua tecnica superiore. Alla fine Mario vince il “Guerin d’Oro” come miglior giocatore del campionato. Non c’è un bomber alla Riva, ma Piras e Gattelli fanno il proprio dovere, rispettivamente con 11 e 7 gol. La squadra parte sparata, eliminando la Roma in Coppa Italia e inanellando 19 risultati utili consecutivi. Gol e spettacolo, anche grazie ad un centrocampo fortissimo: Casagrande, Bellini, Quagliozzi e Marchetti garantiscono spinta, forza e fosforo. Nella seconda parte del torneo la squadra conosce una flessione fisiologica. I ricambi sono pochi, soprattutto in avanti e il lungo infortunio di Quagliozzi priva il gruppo di un pilastro. Le principali rivali sono Udinese, Pescara e Monza. I brianzoli violano il Sant’Elia a quattro giornate dalla fine, e il cammino si complica; ma qui i rossoblù reagiscono alla grande, mostrando una incredibile forza mentale. Due vittorie sul campo di due pericolanti, Varese e Foggia rimettono la barra del timone sulla rotta giusta. Burrascosa la partita di Foggia, arbitro Michelotti di Parma, il Collina dell’epoca, che incappa in una giornata favorevole ai colori rossoblù, espellendo tra l’altro il capitano pugliese Pirazzini. La comitiva ospite ci mette un po’ per lasciare lo stadio, assediato dai tifosi foggiani che sfogano la rabbia bruciando i pali delle porte. Al Cagliari mancano solo 2 punti per celebrare la matematica certezza della promozione. Il grande giorno arriva la settimana successiva, il 17 giugno 1979. Fa un gran caldo, nonostante si giochi alle 17. Al Sant’Elia gremito sino all’inverosimile scende la Sampdoria, capitanata da Marcello Lippi. I doriani non hanno più niente da chiedere al campionato e si vede. Il Cagliari ha fame di gol, vince 3-0 con due gol di Gattelli (uno splendido in rovesciata reperibile su youtube) e uno di Bellini. Nel finale il Cagliari molla, la Sampdoria vorrebbe almeno il gol della bandiera, ma il secondo portiere Enzo Bravi fa miracoli. Dopo l’ultima inutile partita di Brescia, i rossoblù ottengono la piazza d’onore alle spalle dell’Udinese. Quella squadra, ritoccata poco o niente, si farà valere anche in Serie A, ottenendo un 9° e un 6° posto.

Nel 1990 in panchina siede il giovane Claudio Ranieri. I rossoblù, reduci da un lungo periodo buio, hanno appena riconquistato la Serie B. La squadra è composta da un misto di ragazzi promettenti (Cappioli, Festa, Provitali, Pulga) e vecchi marpioni (De Paola, Bernardini, Valentini). Ad occhio, non pare attrezzata neanche per la salvezza. Specie l’attacco, affidato alla coppia Provitali-Paolino (nemmeno 40 anni in due) sembra inesperto e leggerino. Alla prima giornata di campionato il Cagliari busca una sonora lezione ad Avellino. Il malumore tra i tifosi serpeggia lampante. In realtà a Ranieri sono sufficienti un paio di settimane per prendere le misure alla categoria. Promuove un altro giovane, il ventiduenne Aldo Firicano, a leader della difesa; responsabilizza Provitali, top scorer dell’anno con i suoi 12 gol; soprattutto, inietta una mentalità vincente, spingendo la squadra a non accontentarsi. Piano piano, a suon di risultati a sorpresa, il Cagliari si ritrova, quasi senza accorgersene, nei quartieri alti della classifica. Il rinnovato Sant’Elia (i Mondiali incombono) è teatro delle ultime, memorabili giornate di campionato. La certezza della promozione però arriva a Pisa: un pareggio, 2-2, che restituisce alla Sardegna la Serie A dopo quattordici anni di attesa. Cagliari alla fine 3°, promosso con Parma, Pisa e Torino. La formazione-tipo: Ielpo; Festa, Poli; De Paola, Valentini, Firicano; Cappioli, Pulga, Provitali, Bernardini, Paolino. Ranieri chiuderà il suo fantastico triennio conquistando l’anno successivo una salvezza impossibile.

Lo spareggio di Napoli perso contro il Piacenza è ancora una piaga aperta quando Giampiero Ventura prepara la riscossa nel ritiro di Brunico. Ha rivoltato l’organico come un calzino. Via alcuni pezzi grossi (Tovalieri, Pancaro, Bettarini, Minotti), dentro giocatori che conoscono bene la categoria e soprattutto fedelissimi del Mister: Tiziano De Patre, Matteo Centurioni, Francesco Zanoncelli, Gaetano Vasari, Gianni Cavezzi. Gente tosta, abituata a soffrire. Sono rimasti Roberto Muzzi e i due uruguayani, il geniale e lunatico Fabian O’Neill e “Sa Pibinca” Dario Silva, più croce che delizia per i tifosi. Matteo Villa è il nuovo capitano; tra i pali c’è Alessio Scarpi, tornato dal prestito. A detta di tutti, una squadra che non sfigurerebbe nella massima serie. Infatti il Cagliari inizia benissimo, a metà campionato la promozione è praticamente ipotecata, malgrado qualche screzio tra Muzzi e Ventura. Da ricordare uno splendido gol di Dario Silva a Castel di Sangro: una rovesciata rimasta nell’immaginario collettivo. Il rallentamento coglie tutti di sorpresa: dopo una sconfitta a Salerno, il Cagliari coglie cinque pareggi consecutivi. Complessivamente sei partite senza vittoria che alimentano le speranze degli inseguitori. A scacciare le streghe le vittorie su Lucchese e Padova. Lieto fine scontato? No, perché il Cagliari si fa male da solo: appena un pari con il Venezia al Sant’Elia e una sonora sconfitta ad Ancona. Basterebbe soltanto un punto per timbrare il pass per la A, ma fa capolino il nervosismo, l’ansia di non farcela. Così l’ultima gara di campionato, in casa contro il tranquillo Chievo, è gravida di nervosismo. Finisce 2-2, e Ventura può correre a festeggiare sotto la Curva: “Volevate la Serie A? – scarica la tensione il tecnico – Eccovela, la Serie A”. Il Cagliari conclude il torneo in 3° posizione, dietro Salernitana e Venezia, con un solo punto di vantaggio sulla coppia Perugia-Torino, che si giocano l’ultimo posto disponibile allo spareggio.

I primi anni del nuovo millennio sono tremendi per il Cagliari, sprofondato in Serie B e vittima di una crisi tecnica con pochi precedenti. Il presidente Cellino le aveva tentate tutte per risalire, affidandosi ad una pletora di allenatori e giocatori, senza risultati apprezzabili. Per il nuovo assalto sulla Serie A, nel 2003-04 non bada a spese. A rinforzare il centrocampo arrivano Massimo Brambilla e Loris Delnevo, per la difesa torna dopo dieci anni Gianluca Festa, in attacco, come punta di rincalzo è precettato il giovane Rolando Bianchi. E soprattutto c’è Gianfranco Zola, di ritorno dalle glorie col Chelsea, ad accendere la fantasia dei tifosi. In panchina è tornato Giampiero Ventura, una garanzia. Sulla carta, uno squadrone, ma nel calcio 1+1 non sempre fa 2. Il nuovo Cagliari stenta a carburare, nonostante l’attacco boom Suazo-Esposito-Langella-Zola-Bianchi dispensi prodezze. E’ un campionato elefantiaco (24 squadre, 46 partite) ed eccezionalmente competitivo. Ci sono il Palermo, guidato da Luca Toni; il Livorno dei gemelli del gol Lucarelli-Protti; l’Atalanta, trascinata dai gioielli del vivaio Montolivo e Pazzini; il Genoa, che schiera in avanti Diego Milito; e squadre di rango come Fiorentina, Napoli e Torino. Per l’allargamento dei quadri, salgono le prime cinque, la sesta disputa lo spareggio con la quart’ultima di A. Cellino freme: o quest’anno o mai più. Ventura, che ha bisogno di tempo per assemblare una squadra nuova, ai primi insuccessi ci rimette il posto. Lo sostituisce Edy Reja. A gennaio arriva un giovane terzino sinistro: Alessandro Agostini. I rossoblù chiudono il girone d’andata al 7° posto con 34 punti, ma in quello di ritorno innestano la quinta: ne totalizzano 49, cinque in più del Livorno, e chiudono in testa, a pari punti col Palermo, ma secondi per differenza reti. La partita della sicurezza, il 29 maggio 2004, al Sant’Elia contro la Salernitana, giornata numero 44. Primo tempo di sofferenza, chiuso sotto 1-0 per il gol del sudafricano Nomvethe. Nella ripresa si scatena David Suazo e non ce n’è più per nessuno. 3-1, la festa può cominciare. Per la cronaca, Napoli e Torino si piazzano a centroclassifica; la Fiorentina sale soltanto dopo uno spareggio con il Perugia. È la promozione numero cinque per il Cagliari.

E arriviamo ai giorni nostri. Abbiamo incontrato nomi leggendari in questa cavalcata a ritroso nel passato: Riva, Greatti, Brugnera, Tiddia, Muzzi, Dario Silva, Zola, Suazo. Possiamo aggiungere alla lista quelli di Storari, Dessena, Sau, Melchiorri e compagnia: fratellini minori all’altezza dei grandi che li hanno preceduti. Un dettaglio bene augurante: la squadra risalita nella massima serie poi si è sempre salvata. Non c’è ragione per credere che non accada lo stesso.