
Buon compleanno, Scudetto!
Sono passati 51 anni, ma il fascino dell'impresa resiste insensibile alla ruggine del tempo. 12 aprile 1970: il Cagliari batte 2-0 il Bari e diventa campione d'Italia con due giornate di anticipo sulla fine del torneo. Una vittoria che sorvola i semplici significati sportivi per sconfinare su profondi temi sociali; un trionfo consegnato alla leggenda. Sedici giocatori fecero la storia, guidati in panchina da un allenatore rivoluzionario e anticonformista, il “Filosofo” Manlio Scopigno, e sul campo da un condottiero coraggioso, il più grande attaccante nella storia del calcio italiano, Gigi Riva.
Nella stanza dei bottoni, il General manager Andrea Arrica, colui che per primo si mise in testa l’idea meravigliosa: “Voglio vincere lo Scudetto”, disse chiaro e tondo un paio di anni prima all'allora presidente Enrico Rocca. Un sogno diventato realtà, partito anche dal desiderio di rivincita della stagione precedente, quando il Cagliari era arrivato secondo alle spalle della Fiorentina, dopo essere stato a lungo in testa alla classifica. “Avevamo subito molti torti – ricordò poi Riva – Ci ripresentammo all'appuntamento con la stagione seguente con ancora più carica e rabbia, ma in un certo senso eravamo convinti che fosse una missione impossibile”.
LA STAGIONE 1969-70 AL VIA
Durante il mercato estivo la squadra viene rafforzata. Il sacrificio di Roberto Boninsegna è compensato dall’arrivo di un tris d’assi proveniente dall’Inter: Angelo Domenghini, Sergio Gori e Cesare Poli. “A dire il vero all'inizio non ero entusiasta di trasferirmi in Sardegna – ammise “Domingo” anni dopo – Ci misi poco a cambiare idea: a Cagliari c'erano poche pressioni e si giocava a calcio in tranquillità. I ragazzi erano eccezionali e giorno per giorno mi sono innamorato di una città stupenda”.
Con lui e Gori al suo fianco, Riva trova due giocatori forse più congeniali alle sue caratteristiche rispetto a quelle del pur formidabile “Bonimba”. Sulla corsia sinistra di difesa arriva Eraldo Mancin dalla Fiorentina, fresco scudettato; come rincalzo per l'attacco ecco la giovane ala Corrado Nastasio. Per il resto, l’organico ben collaudato, era quello dell’anno precedente, “Con una squadra così finirò con l’addormentarmi in panchina”, disse Scopigno ai cronisti a fine mercato sfoderando il suo solito sorriso beffardo.
Sul tecnico, queste le parole di Ricciotti Greatti: “Era uno che nel giro di dieci minuti aveva già letto la partita e con poche parole riusciva a trasmetterci serenità e fiducia, mantenendo la squadra su alti livelli”.
IL CAGLIARI SUBITO AVANTI
Il cammino in campionato dei rossoblù inizia con un pareggio senza reti a Genova contro la Sampdoria, poi arrivano quattro vittorie di fila. Dopo Vicenza, Brescia e Lazio, è la Fiorentina campione d’Italia ad arrendersi infatti al Cagliari grazie ad un rigore di Riva, in un ambiente caldissimo: l'arbitro Concetto Lo Bello annulla all'ultimo minuto il gol del pareggio a Chiarugi e viene aspramente contestato dal pubblico di fede viola. A posteriori, un passaggio di consegne. “Per me quella fu la partita decisiva – affermò Giulio Zignoli – Era la prova di maturità per una squadra che l'anno prima aveva mancato il titolo per una inezia”.
Il Cagliari, adesso capolista, prosegue la marcia: pareggia all’Amsicora con l’Inter, batte 2-0 il Napoli (doppietta di Riva) e grazie ad una prodezza di Nenè, il fulmine brasiliano coi piedi di velluto, cresciuto nelle giovanili del Santos con Pelé. Scopigno ha risolto i problemi sulla fascia sinistra, scegliendo Zignoli al posto del designato titolare Mancin, il quale in seguito raccontò: “Mi aveva scelto personalmente l'allenatore, ma inizialmente non mi ambientai. Ebbi qualche problema fisico, ma la verità è che all'epoca non era facile per uno del continente, abituarsi a vivere in un luogo completamente diverso. Poi pian piano l'ambiente mi conquistò”.
CONSAPEVOLEZZA NEI PROPRI MEZZI
Il Cagliari pareggia in casa contro la Juventus. in vantaggio con Domenghini, i rossoblù vengono ripresi nel finale da Cuccureddu, unico sardo in campo. La squadra inizia a sembrare un po' stanca: dopo il successo sul Bologna firmato da una zampata di Riva, arrivano due pareggi stentati a Verona e a Bari. La partita giocata in Puglia, l’ultima del 1969, rappresenta però uno spartiacque fondamentale. “Prima della partita Scopigno ci disse chiaramente che se non avessimo perso avremmo vinto lo scudetto – confessò Bobo Gori - Prima di allora non avevamo mai pronunciato quella parola, ma l’aveva detto Scopigno, quindi c’era da crederci”. “Fu una gara cruciale – ricorda Beppe Tomasini – L'affrontammo in formazione rimaneggiata e con alcuni giocatori in precarie condizioni fisiche. Finì 0-0, il resto lo sappiamo”.
La domenica dopo, col Cagliari ancora convalescente, arriva la prima sconfitta della stagione, sul campo del Palermo. Riva avrebbe messo dentro il gol del pareggio, l'arbitro annulla su segnalazione del guardalinee: fuorigioco di Martiradonna. Scopigno, proprio lui, perde il tradizionale aplomb e rimedia una lunga squalifica: tornerà in panchina solo verso la fine del campionato. Il Cagliari reagisce, prende un punto in casa contro il Milan e batte secco il Torino: è Campione d’inverno. Seguono a 3 punti Inter, Fiorentina e Juventus.
“Ci credevamo, avevamo la convinzione giusta”, ribadisce oggi Beppe Tomasini. Proprio “Tomas”, sin lì baluardo difensivo, dovette abbandonare la scena: problemi ad un ginocchio. Per la sua sostituzione, Scopigno scelse di arretrare nel cuore della difesa il capitano, il centrocampista Cera. “Accettai ma a condizione di interpretare il ruolo a modo mio: volevo avere licenza di avanzare a sostegno del centrocampo. Non mi piaceva l'idea di rimanere fisso alle spalle dei difensori”.
Cera è stato così il primo libero a venire utilizzato non solo con compiti difensivi ma anche come primo organizzatore della manovra di ripartenza. Una rivoluzione, sublimata più avanti da giocatori del calibro di Scirea, Baresi, Beckenbauer e Sammer. Tomasini intanto, dopo un illusorio tentativo di ritorno, fu costretto a stare out. “Me la godetti lo stesso. Ero parte integrante della squadra, avevo dato il mio contributo”.
NEL SEGNO DEL MITO
Il girone di ritorno comincia con un poker alla Sampdoria, seguita dalla sudata vittoria a Vicenza. Al “Menti”, Gigi segna uno dei gol più belli della carriera: cross di Gori dalla sinistra, dalla parte opposta Domenghini rimette al centro di testa, Riva sembra in controtempo ma si lancia all'indietro, arrivando col sinistro in cielo a girare il pallone nella rete difesa dall’ex rossoblù Pianta. Una rovesciata capolavoro, un gol icona dove c'è tutto, coraggio, tempismo, acrobazia, potenza: il pubblico vicentino tributa al numero 11 una meritata standing ovation. “Era l'unico modo per anticipare i difensori – affermò poi Riva – Mi era riuscito altre volte, ci ho provato ed è andata bene”.
Brescia e Lazio vengono liquidate senza problemi, il pari casalingo contro la Fiorentina mantiene il Cagliari in vetta. A Milano contro l'Inter, il grande ex Boninsegna firma la seconda sconfitta stagionale dei rossoblù: la Juventus si riavvicina. La sensazione è che il campionato verrà deciso nello scontro diretto di Torino.
JUVENTUS-CAGLIARI 2-2
Al “Comunale” piove a dirotto e succede di tutto: autogol di Niccolai e pareggio di Riva. Quindi entra in scena l’arbitro Lo Bello, quello di Firenze. Assegna un rigore molto dubbio alla Juventus, tira Haller e Albertosi para. Il direttore di gara ha visto qualcosa che non va nell'esecuzione, lo fa ribattere. Ricky, sconsolato, scoppia a piangere appoggiato al palo della sua porta, consolato dal tedesco della Juventus. “Pensai che fosse tutto già scritto – dichiarò anni dopo - Sulla ripetizione di Anastasi, non mi mossi nemmeno. Giocai i restanti minuti come se in porta non ci fosse nessuno”.
Sotto 2-1, il Cagliari si butta in attacco: mancano sei minuti alla fine, punizione battuta in area da Cera, Riva è strattonato da un difensore: Lo Bello fischia il secondo rigore della partita, stavolta a favore del Cagliari. Sono in molti a distogliere lo sguardo mentre Riva va sul dischetto di fronte al portiere Anzolin. Il radiocronista principe di “Tutto il calcio” Enrico Ameri grida nell'etere: “....rincorsa di Riva...tiro....parata di Anzolin ma il pallone termina in rete”.
Gigi stavolta aveva rinunciato alla classica fucilata, scegliendo la precisione. Anzolin aveva intuito, toccato il pallone, ma non era riuscito a frenarne la lenta corsa verso l'angolino. “Che ansia, il pallone non entrava mai”, ebbe a dire Gigi con un brivido a distanza di anni. Finisce 2-2, il Cagliari mantiene i 2 punti di vantaggio: quella del Comunale è stata la battaglia decisiva. Respinto l’assalto juventino, il resto della stagione è in discesa.
12 APRILE 1970
Ed ecco la data fatidica: il 12 aprile si gioca Cagliari-Bari. “Non pensammo come alla partita scudetto, in fondo poi ce n’erano altre due – il commento di Domenghini – Andammo in campo con uno stato d'animo tranquillo”. All’Amsicora comunque c’è il tutto esaurito: 28.000 persone, per un incasso di 32 milioni e 560.000 lire. I tifosi occupano i propri posti un paio d’ore prima del fischio d’inizio. Intanto la squadra pranza come di abitudine in un ristorante situato in una traversa di via Roma. Pasto leggero per Mario Martiradonna, che raggiunge lo stadio a piedi: “Serviva per digerire”.
Non gioca Greatti, squalificato, con la maglia numero 10 c’è Brugnera. Il fantasista veneziano al 39’ pennella una punizione all’interno dell’area di rigore, cercando Riva: il bomber si getta in tuffo di testa e batte Spalazzi. “La punizione l'ho battuta proprio dove sapevo di trovare Gigi: in partita non si faceva che ripetere quanto provato in allenamento, naturale che certi meccanismi venissero replicati ad occhi chiusi”, le parole di Mario.
Sbloccato il risultato, l’attenzione generale si concentra sulle radioline che portano buone notizie, la Juventus perde a Roma contro la Lazio: “Non sapevamo il risultato dei bianconeri: intuimmo che stava accadendo qualcosa perché i tifosi avevano raddoppiato i loro boati – disse Comunardo Niccolai - In tutto lo stadio si percepiva una certa elettricità”. “Il pubblico dell'Amsicora era il nostro dodicesimo uomo – affermò Poli – Il pubblico dell'Amsicora era il nostro dodicesimo uomo. Dava una carica enorme soprattutto quando i tifosi sbattevano i piedi sulle tribune Innocenti”.
Nel finale Bobo Gori sigla il definitivo 2-0, che consegna lo scudetto matematico al Cagliari. Esplode la festa allo stadio, i tifosi invadono festosamente il campo; la città impazzisce di gioia, i cortei di auto a clacson spiegato affollano le vie del centro. Una sana follia collettiva.
Martiradonna nel 2010 raccontò un gustoso aneddoto: “Alle 6 del mattino fui svegliato da un frastuono in strada. Sotto casa si era radunata una folla di tifosi che mi acclamava. Mi affacciai al balcone per salutarli, sembravo il Papa”. “Emozioni così sono difficili da spiegare – affermò Poli – Dopo la partita, la cricca degli sposati andò a cena fuori, tutti insieme, mentre gli altri andarono a festeggiare a casa di Arrica. C'era anche il comico Walter Chiari”. “Ricordo Scopigno negli spogliatoi – è il racconto di Riva – Solitamente era freddo, distaccato, quella volta si lasciò andare. I suoi occhi da Filosofo erano rossi di pianto”.
LO SCUDETTO DI UN POPOLO
C’è ancora un traguardo da raggiungere nelle ultime due partite del campionato: difendere il record del minor gol subiti nei campionati a 16 squadre. Il Cagliari sin lì ne aveva subiti appena 11. A San Siro col Milan finisce 0-0, mentre sul terreno del Torino, è 4-0 per la squadra di Scopigno a mezz'ora dalla fine. A quel punto, dentro tra i pali Adriano Reginato. “Uscendo dal campo Albertosi mi raccomandò di far bene, lui al record teneva in modo particolare. I miei compagni avevano un po' mollato gli ormeggi, quelli del Torino mi bombardarono. Ma non segnarono. Ricky aveva creduto in me, non potevo deluderlo”.
45 punti, 17 vittorie, 11 pareggi, 2 sole sconfitte: 42 gol fatti, 11 al passivo. Gigi Riva capocannoniere con 21 gol. Nessun dubbio: aveva vinto la squadra più forte. La colonna portante rossoblù (Albertosi, Cera, Domenghini, Gori, Niccolai e Riva) prese parte un paio di settimane più tardi alla spedizione Mondiale in Messico, chiusa al secondo posto alle spalle del grande Brasile di Pelé.
“Eravamo un gruppo molto unito che giocava per vincere – il giudizio di Domenghini – Ognuno dava il massimo e davanti avevamo Gigi. L'ultimo passaggio era per lui”. Riva ha sempre rimarcato l'aspetto sociale: “Lo Scudetto è stata la grande rivincita sociale dei Sardi. Quando andavamo a giocare fuori casa, ci seguivano da tutta Italia e da tutta Europa. Ricevevamo lettere che ci riempivano di orgoglio. Ci aspettavano a fine partita per salutarci, trasmetterci il loro calore. Tutta l'Isola partecipò a questa vittoria, che fece parlare l'intera Europa”.
E a distanza di 51 anni se ne parla ancora…
Buon compleanno, Scudetto!